Benessere Comunità Educazione

9 Dicembre 2025

di Ruggero Poi

Il consiglio dei ragazzi e delle ragazze

Tempo di lettura: 3 minuti

Nelle aree interne italiane, dove i piccoli comuni affrontano il rischio dell’isolamento demografico e sociale, riunire diciotto persone tra studenti, progettisti, educatori, guide escursionistiche e allevatori non è solo un gesto formativo: è un’azione politica.

La Scuola di Politiche Territoriali, promossa dalla rete Rifai, che ha attraversato Valdilana e il Biellese orientale lo ha mostrato con chiarezza. Per tre giorni, questi luoghi sono diventati laboratorio diffuso di cittadinanza, un “campus in cammino” capace di trasformare edifici rigenerati — da Cittadellarte a Cascina Oremo, dall’Ostello della Brughiera a Casa Zegna — in spazi condivisi di apprendimento e relazione.

In un tempo in cui cinema, teatri e piazze reali vengono spesso sostituiti da piattaforme on-demand, l’esperienza della scuola ha interrogato una domanda radicale: come si ricostruisce una comunità viva, ricca e plurale nelle aree interne? La risposta, forse sorprendente, è arrivata camminando insieme, cucinando insieme, riflettendo insieme. Tornando a guardarsi negli occhi.

Il programma — tra visite, laboratori, camminate e momenti di confronto — ha mostrato l’importanza del patrimonio relazionale, che si attiva quando persone diverse si incontrano intorno a un compito comune.

Il momento più emblematico di questo percorso è stato l’insediamento del Consiglio Comunale dei Ragazzi e delle Ragazze di Valdilana. Quindici bambine e bambini tra i 7 e i 12 anni hanno presentato le loro candidature davanti a sindaco, giunta, insegnanti, dirigente scolastico, genitori e cittadini: nessuna retorica, solo proposte concrete, nate dall’osservazione diretta del territorio.

C’è chi ha suggerito di non sprecare il cibo della mensa e di destinarlo agli animali dei piccoli allevatori locali; chi ha chiesto più sicurezza per le biciclette; chi ha immaginato una festa a tema alimentare per far conoscere culture, sapori e stili di vita differenti. Piccole idee che, messe una accanto all’altra, rivelano una sorprendente lucidità politica: la capacità di vedere problemi e soluzioni, di preoccuparsi per l’altro, di pensare a un bene comune concreto e prossimo.

La partecipazione emotiva degli adulti — molti commossi, altri sinceramente colpiti — è stata un segno evidente: l’educazione civica funziona quando coinvolge la comunità su grandi valori veicolati da piccoli processi concreti.

La giornata si è conclusa con l’elezione di una sindaca, la seconda consecutiva. Un dettaglio che invita a riflettere e suggerisce una provocazione: siamo sicuri che la partecipazione politica debba iniziare solo alla maggiore età?

Forse i più giovani, non ancora schiacciati da cinismi e calcoli, possiedono una forma di onestà e consapevolezza che dovremmo tornare ad ascoltare con più attenzione.

La Scuola di Politiche Territoriali ha mostrato che la democrazia non si impara sui manuali, ma nei gesti: preparare insieme un pranzo al sacco, condividere la fatica di una salita, ragionare su come costruire un patto educativo, osservare un territorio con sguardo nuovo. È così che diciotto persone diventano una piccola comunità temporanea in grado di esercitare ciò che predica.

Per le aree interne, questo modello è una risorsa preziosa. Non si tratta solo di contrastare lo spopolamento, ma di ricreare piazze, anche quando le piazze fisiche si svuotano. Piazze intese come spazi di relazione, di scambio e di appartenenza. Piazze che nascono nei cortili delle scuole, nei camminamenti tra boschi e borghi, nelle sale di edifici rigenerati, nei gruppi di lavoro che costruiscono politiche locali dal basso.

La comunità non è un dato: è un’azione quotidiana. E questa Scuola ha dimostrato che, quando si mette in circolo la cura reciproca, quando si valorizzano le differenze, quando si offre ai più giovani un ruolo reale, allora la politica torna ad essere ciò che dovrebbe: un’esperienza condivisa, capace di immaginare futuro.

Spuntino consigliato: Un frutto, un pezzo di formaggio, una fetta di torta portata da casa da condividere con gli altri. Perché ogni territorio rinasce anche così: da un “assaggia questo” capace di trasformare un gruppo in una comunità in cammino.

Scritto da
Ruggero Poi