Grandi lettori che smettono improvvisamente di aprire un libro. Ragazzi con immense librerie in casa che non manifestano alcun amore per la lettura. Adolescenti che si appassionano alla lettura, senza avere mai avuto un libro per casa. Quale mistero si cela dietro l’amore per la lettura?
È una domanda che si pongono molti genitori ma anche molti insegnanti: come instillare in tutti i bambini e ragazzi l’amore per i libri? Le scorciatoie educative sono molte: obbligare a leggere, proibire gli smartphone, creare senso di colpa. Nessuna di queste è efficace.
Gianni Rodari nel 1964 ha pubblicato sul Giornale dei genitori, il noto articolo 9 modi per insegnare ai ragazzi come odiare la lettura. Rileggendoli, quei nove punti sono di un’attualità sconcertante:
(1) presentare il libro come un’alternativa alla TV (oggi diremmo allo smartphone);
(2) presentare il libro come un’alternativa al fumetto (oggi diremmo ai manga di ultima generazione);
(3) dire ai bambini di oggi che i bambini di una volta leggevano di più (questo è imperituro, non ha bisogno di aggiornamenti!);
(4) ritenere che i bambini abbiano troppe distrazioni (ma se il libro ti cattura, leggi anche sulla panchina di una stazione ferroviaria);
(5) dare la colpa ai bambini se non amano la lettura (per anni abbiamo educato generazioni di lettori in questo modo, fallace);
(6) trasformare il libro in uno strumento di tortura (avete presente gli elenchi di libri imposti dalla scuola per l’estate?!)
(7) rifiutarsi di leggere al bambino (magari tenendo in mano noi stessi uno smartphone);
(8) non offrire una scelta sufficiente (o mangi questa minestra…);
(9) ordinare di leggere per insegnare ai ragazzi ad odiare la lettura (mentre
Michela Murgia suggeriva l’esatto contrario: proibire la lettura ai ragazzi per suscitare in loro curiosità e desiderio).
Al fondo, come in ogni questione educativa, il problema siamo noi: gli adulti. Piuttosto che chiederci che tipo di lettori vorremmo avere attorno a noi (figli, nipoti, alunni, studenti), dovremmo chiederci quale rapporto abbiamo noi, oggi, con la lettura. Appassionato e libero o nutrito di sensi di colpa? Stressante o spensierato e appagante?
Tra i libri che ho letto di gusto nelle scorse settimane c’è il saggio autobiografico di Emiliano Sbaraglia, Leggere Dante a Tor belle monaca (Edizioni e/o, 2025). Insegnante di scuola secondaria di primo grado in un contesto sociale degradato e sfidante, decide di leggere ai suoi studenti il libro con la lingua più bella, La divina commedia. Il libro con cui comunica ai suoi studenti il suo infinito amore per la lettura, senza imposizioni ed obblighi, senza un’utilità a breve termine per i test Invalsi o per la licenza media. Una scelta anomala, criticata da colleghi e genitori. Quell’amore viene inaspettatamente ricambiato quando, conclusi gli esami, i ragazzi invitano il prof. al Mac Donald per farsi leggere ad alta voce l’ultimo canto del Paradiso.
Suggerimento di spuntino: suggerisco qualcosa di dolce, come un tartufo al cioccolato. Stimola il desiderio e dopo il primo viene subito voglia di assaggiarne un altro.
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