
Pochi temi accendono gli animi di insegnanti e genitori come quello dei compiti a casa. Utili o inutili, necessari o incredibilmente noiosi, obbligatori o facoltativi. La Francia ha di recente introdotto una legge per vietarli, ma pare che nelle scuole più tradizionali si violi la legge e si continui a prescriverli. L’Italia è uno dei paesi europei dove viene affidata una mole maggiore di studio a casa, anche nella scuola primaria a tempo pieno che per definizione dovrebbe escludere lo studio da casa.
Due sono gli aspetti che vorrei portare all’attenzione dei lettori.
Non tutte le camerette sono uguali. I compiti a casa sono uno dei più grandi amplificatori delle disuguaglianze. Non esiste una famiglia uguale a un’altra, non esiste una casa uguale a un’altra. Accordare gli stessi identici compiti a bambini e bambine che non abbiano ancora maturato un proprio metodo di studio significa delegare l’istruzione alle famiglie, che hanno svariati livelli di istruzione, di conoscenza della lingua italiana, così diverse possibilità di dedicare tempo ai propri figli, in base agli impegni lavorativi e alle rete di supporto su cui contare.
Al contempo, le condizioni abitative di bambini e bambine sono, nella nostra scuola democratica e inclusiva, ampiamente variabili. Come pensare di accordare gli stessi compiti a una bambina che vive in un monolocale di una casa popolare con tre fratellini, e a un bambino figlio unico, che il pomeriggio ha la tata bilingue che gli parla in inglese e si dedica alla sua formazione? Impartendo compiti a casa standardizzati, la scuola replica e conferma le disuguaglianze di partenza inibendo di fatto la sua possibilità di diventare un ascensore sociale.
Il sacrosanto diritto alla disconnessione. Questa espressione è nata per descrivere il diritto di lavoratori e lavoratrici di vivere il tempo libero e del riposo senza l’interferenza da remoto di mail, telefonate e richieste che riguardano la sfera lavorativa. Bambini e bambine dovrebbero godere di questo egual diritto: staccare dalla scuola e dall’apprendimento inteso in senso classico per dedicarsi ad altro, lo sport, la noia, la lettura libera, il tempo al parco o in un bosco con gli amici o con la famiglia.
La scuola ha una funzione educativa oltre che istruttiva e dovrebbe educare a un ritmo di vita umano e rispettoso dei tempi del riposo, dello svago, dell’immaginazione. Rischiamo di crescere piccoli lavoratori e lavoratrici che domani non sapranno il significato di tempo libero e autodeterminato, lavoreranno senza sosta e senza cura del proprio benessere.
Sogno insegnanti che godano a pieno del loro tempo libero, coltivando la lettura per piacere, una sera al cinema o a teatro, una domenica a passeggiare nel bosco, senza scopi e senza pensieri. Sogno alunni che, in virtù dell’esperienza dei loro insegnanti, possano fare lo stesso e il lunedì mattina gli uni e gli altri possano raccontarsi tutto quello che hanno vissuto e imparato fuori dalla scuola.
Suggerimento di spuntino: luppini, legumi nutrienti tipici della dieta mediterranea, che ci ricorda ad un tempo che siamo un crocevia di storie e situazioni, così come la nostra cultura
del buon vivere e del sostare.

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