
James ha 18 anni e vive a New York. Finita la scuola, lavoricchia nella galleria d’arte della madre, dove non entra mai nessuno: sarebbe arduo, d’altra parte, suscitare clamore intorno a opere di tendenza come le pattumiere dell’artista giapponese che vuole restare Senza Nome. Per ingannare il tempo, e nella speranza di trovare un’alternativa all’università («Ho passato tutta la vita con i miei coetanei e non mi piacciono granché»), James cerca in rete una casa nel Midwest dove coltivare in pace le sue attività preferite – la lettura e la solitudine –, ma per sua fortuna gli incauti agenti immobiliari gli riveleranno alcuni allarmanti inconvenienti della vita di provincia. Finché un giorno James entra in una chat di cuori solitari e, sotto falso nome, propone a John, il gestore della galleria che ne è un utente compulsivo, un appuntamento al buio…
Un giorno questo dolore ti sarà utile di Peter Cameron, romanzo pubblicato nel 2007 e tuttavia ancora molto attuale ed apprezzato, esplora con grazia e profondità il delicato passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Ambientato in una New York torrida e semi deserta, il romanzo racconta la vicenda di James Sveck, diciottenne brillante e alienato, in lotta con le aspettative che lo circondano. Attraverso una narrazione in prima persona, Cameron ci offre uno sguardo sincero sulle insicurezze e sul desiderio di James di trovare un posto nel mondo.
James Sveck ha diciotto anni, vive a Manhattan e ha una madre gallerista che colleziona matrimoni come le opere che espone, un padre distante e interessato più alla chirurgia che a conversazioni sincere e una sorella maggiore con la quale non è facile comunicare. È l’estate del 2003 e New York non ha ancora trovato un nuovo equilibrio dopo l’attacco alle Torri Gemelle. L’atmosfera ritratta è allora proprio quella del dopo e il collettivo si intreccia, come sempre accade, con il personale: un tempo sospeso – dopo il terrore, dopo lo sgomento, dopo l’adolescenza, dopo la sicurezza del nido d’infanzia – in cui le domande esistono già, ma le risposte non sono ancora formulate. In questo scarto si inserisce Un giorno questo dolore ti sarà utile.
Il libro si presenta come un romanzo di formazione, ma rifugge qualsiasi compiacimento retorico. James è colto, brillante, ostinatamente contrario a ogni forma di socialità imposta. Finito il liceo, in quell’estate di passaggio che tutti ricordiamo, inizia ad accarezzare l’idea di non frequentare l’università, nonostante sia stato ammesso alla Brown e appartenga a un contesto borghese che non contempla l’idea, nemmeno in astratto, di una deviazione di percorso.
Ancora, James non sopporta i suoi coetanei, è infastidito dalla superficialità del mondo adulto ma non ha ancora trovato un’alternativa credibile. Preferisce l’idea di acquistare una casa nel Midwest, lontano da tutto, e trascorre le sue giornate tra gli annunci immobiliari, gli scambi minimi alla galleria d’arte della madre e le sedute forzate dalla terapeuta.Il romanzo si muove interamente all’interno di questa sottile tensione: il desiderio di sparire e, al tempo stesso, il bisogno — non espresso ma tangibile — di essere riconosciuto. Quando James entra in terapia fatica ad aprirsi, eppure proprio lì emergono le prime crepe: l’ambivalenza verso un ragazzo più grande, il ricordo di un episodio sfocato durante una gita scolastica, la frustrazione verso un mondo che lo osserva con impazienza ma non lo ascolta.
Tra un contesto amicale quasi inesistente e un sistema familiare presente ma disfunzionale, l’unico punto di contatto autentico è rappresentato da Nanette, l’amata nonna di James. Con lei il protagonista riesce a comunicare liberamente, forse perché è l’unica che non cerca di interpretarlo o classificarlo.
Il paragone con Il giovane Holden risulta inevitabile, ma merita una precisazione. Come Holden, James è un adolescente che rifiuta il mondo adulto e che osserva tutto con sarcasmo e scetticismo, tuttavia in lui il disagio non si manifesta in grandi gesti e peripezie, ma in dettagli che si sommano con una precisione chirurgica. È proprio in questa misura contenuta che il romanzo trova la sua forza.
Non è un caso allora che il titolo riprenda un verso di Ovidio — “Perfer et obdura, dolor hic tibi proderit olim” — “Sopporta e resisti: un giorno questo dolore ti sarà utile.” Non c’è alcuna promessa di riscatto facile, ma un’idea più sottile e matura: che l’elaborazione del dolore, se compresa e attraversata, possa rivelarsi formativa.
Un giorno questo dolore ti sarà utile è un libro che parla in modo raffinato della formazione, ma anche della difficoltà di diventare. Racconta con intelligenza e sobrietà una fase dell’esistenza in cui il dolore non ha ancora un nome preciso e il futuro è una possibilità che fa paura. È un libro per chi cerca nella letteratura una compagnia silenziosa ma presente, per chi ha attraversato — o sta attraversando — un tempo di sospensione, per chi sa che crescere non significa superare tutto, ma imparare a stare nelle cose.
Bevanda consigliata: caffè americano freddo in una tazza capiente, da bere lentamente in un pomeriggio d’estate, quando la luce si allunga e serve spazio per i pensieri.
Per chi è: per chi ha vissuto un momento in cui tutto sembrava fuori fuoco; per chi ha faticato a trovare le parole ma ha continuato comunque a cercarle.

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